Dire, fare, insegnare
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Un anno tra i banchi del Marco Polo

L'istituto Marco Polo di Firenze è una fotografia dell'Italia di oggi: lo racconta il documentario "Marco Polo, un anno tra i banchi di scuola"

Scuole nel mondo 
31 dicembre 2019 di: Redazione
copertina

Alle porte di Firenze, nel quartiere periferico dell’Isolotto, si trova l’Istituto Tecnico per il Turismo “Marco Polo”, uno dei più grandi della città. Ogni mattina 150 professori e circa 1600 studenti varcano le sue porte per affrontare le sfide con cui la scuola li costringe a fare i conti, sfide che non riguardano soltanto i programmi da insegnare o le nozioni da imparare ma l’essenza stessa dell’educazione, del senso della cittadinanza e dell’accoglienza.

È proprio queste sfide che il regista Duccio Chiarini vuole raccontare nel suo documentario Marco Polo, un anno tra i banchi di scuola, che prova a mostrare il modo in cui gli insegnanti di oggi cercano di interpretare il loro lavoro e di creare, insieme al dirigente scolastico, agli studenti, al personale Ata, un nuovo modo di stare insieme.

Nel docufilm, che è stato presentato nella sezione PANORAMA del festival Alice nella Città, una delle figure di spicco è Ludovico Arte, dirigente scolastico dell’Istituto. Come racconta al blog Tracce Volanti, Arte è docente da vent’anni e dirigente a Firenze da otto: «Otto anni fa c’erano 90 iscritti in prima, da quattro ne abbiamo 450 e dobbiamo prevedere dei sorteggi per gli accessi; erano 600 gli studenti in tutta la scuola, ora sono 1600. Non ho realizzato un miracolo, semplicemente ho invertito la rotta

Al Marco Polo Arte ha anche attuato una politica della porta aperta, che ha migliorato il clima sia con gli studenti che con i docenti: «Non solo si può parlare con me in qualsiasi momento, se si ha un problema, ma, sia studenti, sia docenti, devono sentirsi liberi di propormi idee e progetti. Si crea un clima di liberazione delle passioni e delle energie,»

I cardini del cambiamento sono stati diversi: migliorare l’accoglienza e la qualità delle relazioni, favorire l’innovazione tecnologica, ampliare l’offerta formativa e migliorare gli spazi di lavoro e di studio: «Non sopporto l’idea che, alla materna ci siano aule e corridoi colorati, poi si inneschi un meccanismo per rendere i luoghi di apprendimento e condivisione sempre più anonimi e tetri. La concezione degli istituti scolastici come caserme. Ho deciso di cominciare a “sciupare” i nostri edifici attraverso i colori.»