Dire, fare, insegnare
Dire, fare, insegnare
Dire, fare, insegnare
  • Home
  • Scuole nel mondo
  • Presidi d'Italia. Caterina Bruzzone: il setting didattico e la scuola come spazio di apprendimento

Presidi d'Italia. Caterina Bruzzone: il setting didattico e la scuola come spazio di apprendimento

Caterina Bruzzone è il dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo Voltri 1 di Genova. Ci racconta la sua scuola - e la Scuola in generale - nella crisi e dopo la crisi. Con uno sguardo che va oltre l'aula.

Scuole nel mondo 
31 maggio 2020 di: Redazione
copertina

Caterina Bruzzone, Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo Voltri 1 di Genova, ci presenta una riflessione sulla scuola nella crisi e sulla scuola che verrà, valutando gli aspetti della vita scolastica che si sono dovuti modificare e qual è stato il loro impatto su docenti e studenti.

Far fronte all’inaspettato

Era stato un fine settimana come tanti. La scuola aveva da poco pubblicato le schede di valutazione, i genitori degli alunni in difficoltà avevano incontrato docenti e dirigente per progettare gli interventi di supporto educativo. La sera di domenica 24 febbraio il presidente della Regione Liguria stabilisce con un’ordinanza la sospensione delle attività didattiche e prospetta la riapertura delle scuole legata all’adempimento di misure di contenimento di un eventuale contagio da Covid-19. La vicenda ligure inizia così, con un'aria di incredula impotenza disegnata sui volti di tutti. Ognuno si pone i propri interrogativi, legate al ruolo e alle problematiche che deve affrontare. Dal mio punto di vista, quale Dirigente Scolastico, l’emergenza si è presentata come un dado dalle mille facce. Strutturare le attività didattiche a distanza lì per lì sembrava una necessità a breve respiro, tuttavia, con il fondamentale supporto della Funzione Strumentale per l'innovazione didattica e dell’Animatore Digitale, della scuola, ho colto l’occasione per attivare i docenti e schiacciare l'acceleratore sulla formazione digitale.

La scuola si è dotata della GSuite (per fortuna le pratiche erano state avviate in autunno) e gli insegnanti dei diversi ordini di scuola (infanzia inclusa) si sono di buon grado lanciati in quest'avventura. Gradualmente ma con regolarità, i docenti hanno prodotto e condiviso materiali originali, restituiti e rielaborati dagli studenti, sono partite video lezioni e test a scadenza, poi riunioni a distanza, incontri fra docenti ma anche con le famiglie. Insomma, con lo schermo a difesa della salute, nel castello dorato e sicuro delle proprie abitazioni una parvenza di normalità data dalla nuova routine ha riempito il tempo e costruito nuovi legami.

La Scuola serve, la Scuola conta, la Scuola manca: manca tantissimo ai ragazzi, mancano gli amici, le corse per il bus, la merenda, gli scherzi, mancano anche gli insegnanti, quelle strane persone che non possono fare a meno di occuparsi di loro, e che adesso, a distanza, restano lì, baluardi incrollabili della Conoscenza della Cultura delle Competenze. Senza dubbio fra queste colonne portanti della formazione bisogna annoverare la sfida digitale: gli studenti arrivano a scuola con competenze digitali acquisite in modo informale, per lo più nel gioco. Pensano di “sapere”, ma in genere hanno poche conoscenze veramente produttive: sta alla scuola incanalare le loro indubbie attitudini verso una vera competenza digitale, certificabile e spendibile. La cittadinanza digitale, che oggi non si può in alcun modo ignorare, si costruisce attraverso la lettura critica dei vecchi e nuovi media, attraverso la manipolazione e produzione consapevole di contenuti digitali, nel rispetto delle regole del diritto d’autore.

Per nuove necessità servono nuove competenze

Per una vera costruzione della competenza digitale, del resto, al di là della necessaria padronanza del mezzo tecnologico e delle risorse della piattaforma che si sceglie di usare, gli elementi su cui lavorare e formarsi, anche per i docenti, sono molti e vari: innanzitutto il metodo, elemento fondamentale per la progettazione didattica per competenze. Il momento contingente mette l’accento proprio su snodi cruciali che consentono di approfondire alcune questioni, per esempio il ruolo dei mediatori didattici. Secondo Elio Damiano (La mediazione didattica, Franco Angeli, 2013) una didattica efficace è quella che utilizza e alterna tutti i mediatori didattici, poiché nessun mediatore è bastevole per comprendere, ma, siccome ciascuno di essi ha una sua modalità di riprodurre la realtà, la loro unione può aiutare a una riflessione e a una costruzione critica del sapere. Nella DaD essi si sommano e si moltiplicano, si può anzi dire, estremizzando, che la lezione a distanza coaguli in sé i diversi mediatori, ancorché attivi su competenze differenti: non c’è dubbio infatti che il mediatore simbolico (codici di rappresentazione della realtà, per esempio quello linguistico) sia coinvolto, così come quello iconico, (strumenti di sintesi di informazioni e di aggregazione di dati: immagini, diagrammi, grafici); tuttavia il medium digitale è al tempo stesso sia rappresentazione e simulazione della realtà sia esperienza reale, poiché, se “simula la lezione in presenza”, è un mediatore attivo e costituisce esso stesso uno scampolo di realtà. Certo non è pensabile proseguire a lungo su un binario così stretto come la DaD, ma gli spunti di riflessione metodologica e critica sono molteplici e la scuola, anzi la Scuola, saprà farne tesoro: gli insegnanti che hanno accettato la sfida e hanno provato a "inventarsi" un modo di fare didattica attraverso il web, hanno scoperto e stanno testando le innumerevoli potenzialità del medium digitale come mediatore didattico. Esso non può ovviamente sostituirsi alla didattica in presenza, ma potrà arricchirla e attribuire nuovi significati anche ad essa.

Cambiare non è facile

Certamente, anche se le buone pratiche e le esperienze significative potranno essere messe a sistema, la situazione presenta ancora molte fragilità e mostra le proprie crepe ancora prima di invecchiare: l’assetto della piattaforma prescelta, nelle scuole in cui non esisteva una prassi consolidata, ha avuto bisogno di un rodaggio in itinere; i docenti hanno dovuto reinventarsi e scardinare i loro sistemi di riferimento; alcuni alunni hanno impiegato molto tempo ad adattarsi, vuoi per la mancanza totale o parziale di mezzi tecnologici - a cui le scuole, con molti sforzi anche da parte del Ministero, hanno ovviato - vuoi per pigrizia, poiché dapprima hanno pensato “di prenderla un po’ come una vacanza”. Per tutti questi motivi il rientro porterà con sé difficoltà e obblighi: difficoltà logistiche e obblighi formativi, per la precisione. Le reazioni degli alunni e delle famiglie sono state, infatti, le più disparate: alcuni studenti, lontani dagli sguardi dei compagni, sono come rinati, trovando in sé stessi risorse straordinarie, mettendo a fuoco le proprie strategie, già intuite dai docenti ma mai del tutto esplorate. Altri hanno provato a barare, complici le famiglie, forse per riscatto, forse per “fare bella figura”, ma in poco tempo sono rientrati nei ranghi e hanno cercato di raddrizzare il tiro. Ci sono stati i campioni di pigrizia e quelli di vergogna: nel complesso il microcosmo classe si è adattato alle nuove dinamiche.

Il dato rilevante è che i ragazzi hanno scelto la Scuola per dare significato a quello che altrimenti sarebbe stato un tempo vuoto. Forse più complesso è stato l’impatto sulle famiglie: alla secondaria di primo grado ci sono gli apocalittici (“troppi compiti, aiuto poveri ragazzi”), gli integrati (“meno male che li fate lavorare, altrimenti sarebbe stato un anno perso”), i catastrofisti (“tanto non imparano niente e il prossimo anno rifaranno tutto daccapo”, ma anche “tanto è tutto inutile”). Per quel che riguarda la primaria il discorso è un po’ diverso, poiché, anche per l’uso del device, è spesso necessario l’intervento-guida dell’adulto, che attiva e coordina, mentre per l’infanzia tutte le attività sono state svolte con la collaborazione delle famiglie. La scuola che mi è stata affidata ha tenuto sempre in debito conto anche gli alunni in difficoltà, sia con interventi individualizzati e personalizzati per gli alunni DVA e DSA, sia con attività in piccoli gruppi per un supporto specifico per gli alunni più fragili nell’esecuzione dei compiti e nella ripresa degli argomenti più ostici. In particolare, grazie alla collaborazione delle famiglie e delle OSE e OSA del Comune, anche gli alunni in situazione di gravità e/o con compromissioni plurime sono stati coinvolti e seguiti passo passo, secondo le loro necessità. Sono questi alunni fragili, tuttavia, i più penalizzati dalla lontananza fisica della scuola: per molti di essi il ruolo aggregante della classe e la sua funzione di socializzazione sono fondamentali per acquisire autonomie e crescere in modo più sereno, ma il problema non sarà di facile e immediata soluzione.

Progettare il futuro con strumenti diversi

La logistica obbligherà una ristrutturazione e/o riformulazione degli spazi, dei tempi, dei gruppi: dopo che il Ministero avrà emanato le Ordinanze del caso, ogni scuola ripenserà il proprio progetto educativo senza venire meno al mandato globale. Sarà indispensabile il recupero delle competenze e delle conoscenze non raggiunte dagli alunni delle classi intermedie. Sarà necessario, almeno per i primi mesi ripensare i gruppi di aggregazione e l’orario di lezione e lavorare su nuclei essenziali di competenze e di livello, per non lasciare nessuno indietro. Alcune attività saranno invece reinserite nella progettazione del prossimo anno, a far da ponte con le nuove. Né si potrà pensare che la scuola si esaurisca negli spazi delle aule, troppo anguste per consentire il distanziamento sociale; ecco allora uscire l’ipotesi di ricorrere anche all'outdoor education, che la scuola che dirigo ha già attuato nel primo quadrimestre di questo 2019/2020 con i piccoli dell'infanzia: considerata la collocazione dei plessi di primaria è sicuramente possibile estendere anche a loro l'esperienza data da questa modalità di apprendimento (mediatore didattico attivo e concreto). Del resto, poiché la classe è un luogo simbolico, la modifica attuata sul setting potrebbe avere benefici anche e soprattutto per quei bambini che mal sopportano le quattro pareti. La nuova scuola potrebbe, per paradosso, essere ancora più inclusiva, avendo esperito, per necessità, risorse inusuali, strumenti diversi, simulazioni e soluzioni alternative e creative.