Dire, fare, insegnare
Dire, fare, insegnare
Dire, fare, insegnare

Orientamento e competenze chiave

Francesca Faenza, giurista esperta di didattica del diritto, formatrice, docente universitaria e autrice di manuali scolastici, spiega il nuovo approccio della didattica orientativa in relazione alle otto competenze chiave e ai cinque framework europei.

Metodologie 
15 novembre 2023 di: Francesca Faenza
copertina

Le Linee guida per l’orientamento

Approvate con il DM n. 328 del 2022, le Linee guida mirano ad attuare la riforma del sistema di orientamento prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, a partire dalla scuola secondaria di 1° e 2° grado. L’obiettivo è ridurre la dispersione scolastica, innalzare i livelli di istruzione e formazione nei giovani, aumentare l’occupabilità e ridurre il mismatch delle competenze, e incentivare l’accesso all’istruzione terziaria (università e ITS Academy).

Da un lato l’orientamento intende supportare ragazze e ragazzi nel percorso di conoscenza di sé, delle proprie attitudini, interessi, punti deboli e obiettivi, per compiere scelte consapevoli e calzanti per il proprio futuro formativo e professionale. Dall’altro l’orientamento fornisce informazioni sui percorsi di studio e di formazione professionale esistenti, sulle figure più richieste dal mercato del lavoro e sulle sue tendenze e trasformazioni.

I moduli da 30 ore

Nella prassi dell’attività scolastica questi obiettivi vanno raggiunti attraverso moduli di orientamento della durata di 30 ore all’anno. Le ore di orientamento possono essere anche extracurricolari nella scuola secondaria di 1° grado e nel biennio della secondaria di 2°; sono invece curricolari nel triennio della secondaria di 2° grado. Le scuole possono gestire questo monte ore con tempi e spazi flessibili e progettarli insieme a università, imprese ed enti locali.

Le 30 ore possono essere incluse, ma solo in parte, all’interno dei PCTO.

Due nuovi ruoli: il docente orientatore e il docente tutor

Per coordinare queste attività su più livelli, le Linee guida prevedono anche la creazione di nuove figure: il docente orientatore, uno per ogni scuola, e il docente tutor, uno per ogni 30-50 discenti.

Il docente orientatore si occupa di fornire informazioni sui percorsi di studio e di formazione professionale esistenti, rendere note le figure più richieste dal mercato del lavoro e mettere in luce le opportunità offerte dal territorio, dal mondo produttivo e universitario. Per fare questo si avvale dei dati forniti dal ministero.

Il docente tutor invece ha il compito di supportare ragazze e ragazzi nel percorso di conoscenza di sé, aiutandoli a mettere fuoco talenti, interessi,punti deboli e aspirazioni; inoltre offre il suo consiglio alle famiglie al momento di scegliere i percorsi formativi o professionali e affianca studenti e studentesse nella compilazione dell’e-portfolio.

La didattica orientativa in pratica

In generale, la didattica orientativa parte dagli obiettivi di apprendimento curricolare delle singole discipline, e li declina nell’ottica dell’orientamento. Predilige un approccio laboratoriale e cooperativo che prenda avvio dall’esperienza concreta di studentesse e studenti. Per questa ragione alcune delle metodologie che si possono applicare in ottica orientativa sono:

  • l’apprendimento peer to peer, mescolando studenti di grado superiore e inferiore;
  • il problem solving;
  • le UdA multidisciplinari;
  • l’Inquiry Based Learning;
  • la lezione fenomenica.

La progettazione della didattica orientativa – sia come singoli docenti sia a livello di consiglio di classe – tiene insieme e incrocia alcuni elementi: le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente, i cinque framework europei che dettano un ulteriore set di competenze (77 in totale) e le attività di didattica laboratoriale ed esperienziale (coinvolgendo anche esperti esterni alla scuola, figure del mondo imprenditoriale del territorio, istituzioni locali, musei, biblioteche, università, e così via).

Per capire meglio vediamo i singoli elementi nel dettaglio.

Breve storia delle competenze

La nozione di competenza, così come la intendiamo ora, nasce negli anni Settanta in connessione con le trasformazioni del mondo del lavoro. Con il tramonto del modello fordista, le imprese iniziano a cercare sempre più personale dotato di competenze trasversali, cioè capace di adattarsi al cambiamento, aggiornarsi continuamente, lavorare in situazioni inedite con mansioni non routinarie, confrontarsi con team internazionali. Il primo a parlare di competenze in questa accezione è lo psicologo del lavoro americano David McClelland, che in un suo scritto del 1973 propone di usare le competenze per la selezione del personale, al posto di test di intelligenza e titoli di studio.

Poco dopo dal contesto lavorativo le competenze passano nel mondo della scuola, diventando un nuovo modello di riferimento per la didattica, volto a incentivare l’apprendimento continuo, la flessibilità, la creatività, la capacità di risolvere problemi nuovi, di lavorare in gruppo e confrontarsi con culture diverse. Ai saperi disciplinari, sempre fondamentali, si affianca così una sfera basata sul “saper fare e sul “saper essere”.

In questo scenario l’Unione europea ha individuato nel dettaglio otto competenze chiave per l’apprendimento permanente e cinque framework europei.

Le otto competenze chiave e i cinque framework

Le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente sono ormai ben note a chi vive la scuola. Approvate nel 2018 dall’Unione europea, consistono nella:

  1. competenza alfabetica funzionale;
  2. competenza multilinguistica;
  3. competenza matematica e competenza di base in scienze e tecnologie;
  4. competenza digitale;
  5. competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare;
  6. competenza in materia di cittadinanza;
  7. competenza imprenditoriale;
  8. competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.

Tutti i Paesi membri dell’Unione europea devono agganciare i loro sistemi di istruzione e formazione alle 8 competenze chiave. A esse si affiancano cinque framework, cioè cinque documenti-quadro che forniscono una serie di indicatori che misurano e dettagliano le competenze generali.

I cinque framework sono:

  • DigComp (Quadro delle competenze digitali: l’ultima versione è la 2.2), che detta 21 competenze divise in 5 aree;
  • LifeComp (Quadro delle competenze personali, sociali, imparare a imparare), che detta 9 competenze divise in 3 aree;
  • EntreComp (Quadro delle competenze imprenditoriali), che detta 15 competenze divise in 3 aree;
  • GreenComp (Quadro delle competenze per la sostenibilità), che detta 12 competenze divise in 4 aree;
  • Quadro delle competenze per una cultura democratica, che detta 20 competenze divise in 4 aree.

In sintesi: la competenza in materia digitale dialoga in modo privilegiato con il DigComp; la competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare dialoga con il LifeComp; la competenza in materia di cittadinanza si lega al GreenComp e alle Competenze per una cultura democratica; la competenza in materia imprenditoriale si salda all’EntreComp, la competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali si collega con le Competenze per una cultura democratica.

Per esempio, per lavorare sulla competenza personale e sociale, legata al framework del LifeComp, un docente di letteratura italiana può ipotizzare obiettivi connessi all’area personale e sociale come:

  • comprensione di emozioni ed esperienze proprie e altrui;
  • formulazione di risposte adeguate;
  • utilizzo di strategie di comunicazione pertinenti rispetto al contesto e al contenuto;
  • partecipazione alle attività di gruppo con rispetto verso gli altri.

Il capolavoro

Al termine di ogni anno scolastico, ciascuno studente individua, fra i lavori svolti, almeno un progetto o un’esperienza che ritiene particolarmente rappresentativa dei suoi progressi e delle competenze acquisite.

Il capolavoro può consistere in un’attività, anche svolta al di fuori della scuola, in ambito culturale, artistico e letterario, in ambito STEAM, nelle lingue straniere, nella comunicazione, o ancora attraverso attività sportive, di cittadinanza attiva e di volontariato o professionali.

Il capolavoro viene caricato, con l’aiuto del tutor, sull’e-portfolio.

L’e-portfolio

L’ultimo tassello per comporre il quadro dell’orientamento è costituito dall’e-portfolio, un portfolio digitale che accompagna ragazze e ragazzi dalla scuola secondaria di 1° grado all’esame di Stato.

L’e-portfolio è suddiviso in 5 parti:

  1. Percorso di studi, in cui sono riportate le informazioni relative al profilo scolastico dello studente, caricate dalla scuola;
  2. Sviluppo delle competenze, in cui sono documentate le competenze sviluppatein ambito scolastico ed extrascolastico, con le eventuali certificazioni (es. linguistiche e informatiche);
  3. Capolavoro dello studente, scelto criticamente al termine di ogni anno scolastico con l’aiuto del tutor, con obbligo di motivare la scelta;
  4. Autovalutazione, in cui ogni studente esprime, col supporto del tutor, le proprie riflessioni in chiave valutativa, autovalutativa e orientativa sul percorso svolto. Compilando questa sezione ottiene una rappresentazione grafica dei livelli di competenze chiave tramite un diagramma di Kiviat.
  5. Documenti, in cui si raccolgono documenti e certificazioni ottenute.

Conclusione

In conclusione attraverso la didattica orientativa si mira a connettere contenuti didattici e obiettivi di apprendimento all’acquisizione di consapevolezze e competenze durevoli, che assicurino a ragazzi e ragazze gli strumenti per affrontare scelte consapevoli in merito alla prosecuzione degli studi e/o l’accesso al mondo del lavoro. Punto centrale di questo metodo è l’approccio laboratoriale ed esperienziale che consente di ancorare le nuove consapevolezze a esperienze, elaborati, prodotti reali e gestiti con autonomia