Dire, fare, insegnare
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Le classi di “Rodari racconta” nella wunderkammer del cinema

La docente e artista visiva Luana Filippi ci ha parlato del percorso laboratoriale su cinema e parità di genere del progetto “Rodari racconta” e dell’esperienza in un vero teatro di posa delle classi coinvolte.

Secondaria  Esperienze di insegnamento 
18 aprile 2023 di: Luana Filippi
copertina

“Rodari racconta… storie e immagini di parità di genere” è un progetto di avvicinamento e promozione del linguaggio cinematografico nella pratica scolastica, che da febbraio ha coinvolto quattro classi seconde della scuola secondaria di I grado “Gianni Rodari” dell’I.C.1 di San Lazzaro di Savena (Bologna).

Il progetto, sostenuto dal Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola (CiPS) e promosso dal MiC e dal MIM, in collaborazione con Fondazione Euducation, Combo Società Cooperativa e Mediacritica, si è articolato in due percorsi formativi paralleli rivolti a docenti e studenti (raccontati qui su Dire, fare, insegnare), che si sono potuti confrontare sia a livello teorico sia pratico con le basi del linguaggio cinematografico. Le ragazze e i ragazzi delle classi seconde hanno lavorato approfondendo il tema della parità di genere sia come Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, sia come narrazioni cinematografiche e letterarie, con un focus sulla produzione letteraria di Gianni Rodari.

Come docente di Arte e Immagine, ho seguito il progetto dalla sua genesi e per me è stato fondamentale pensare a un momento finale, dove la riflessione teorica si traducesse in un momento di pratica laboratoriale, permettendo ai ragazzi di entrare in contatto diretto con il fare cinema e non solo fruirlo come spettatori consapevoli, ma realizzando un documentario in prima persona.

Nella scuola italiana la pratica laboratoriale è sempre stata centrale nell’azione di apprendimento, ma nel biennio appena trascorso, proprio questa risorsa è stata pesantemente ridotta e depauperata dalle misure di contenimento dell’emergenza pandemica. Questo progetto ha permesso agli studenti di lavorare in reparti seguiti da esperti, sostenendosi a vicenda e collaborando in maniera ludica con un solo obiettivo: la messa in opera del loro lavoro creativo. In questo il cinema è estremamente formativo, perché chiede al singolo di partecipare a una dinamica di corresponsabilità molto più ampia del proprio ruolo: per esempio, anche chi è dietro la macchina da presa è chiamato a partecipare con la stessa energia e concentrazione degli attori, al fine di garantire un buon esito del lavoro finale.



Il luogo dove si sono svolte le riprese del documentario è lo Studio di produzione Combo a San Lazzaro di Savena. Sia per noi docenti che per i nostri studenti questo studio di posa è stata una vera e propria “wunderkammer” composta da un limbo fotografico, luci americane e al neon, microfoni, green screen, pannelli scenografici e altre meraviglie cinematografiche, che abbiamo imparato a conoscere nei vari incontri scolastici propedeutici alle riprese.

Il linguaggio creativo del cinema offre spazio a ogni individualità: chi è più riservato e fatica a mostrarsi davanti alla macchina da presa può scoprirsi un abile scenografo, tecnico del suono, truccatore, costumista o aiuto-regista. Nel percorso si è tenuto conto di valorizzare i talenti personali, ma anche di spingere i ragazzi verso ruoli per loro inediti, con l’obiettivo di mettersi in gioco sperimentando, così, nuove risorse individuali. In questa prospettiva, ognuno è risultato essenziale al progetto promuovendo una collaborazione e un’inclusione più mature ed efficaci nelle dinamiche cooperative di gruppo.

In questa camera oscura delle meraviglie come si può considerare a tutti gli effetti lo studio di posa, le ragazze e i ragazzi hanno compreso quanta riflessione, concentrazione e fatica sono dietro la realizzazione di una singola ripresa. Hanno riscoperto un tempo più lento, dilatato rispetto agli automatismi con i quali, nella quotidianità, registrano e condividono immagini, meme, video, post, storie e reels con i loro smartphone.

Insegnare Arte e Immagine in questo specifico contesto storico-sociale significa fornire agli studenti più risorse e strumenti possibili per utilizzare i linguaggi iconici analogici e digitali in modo consapevole, critico e creativo. Il nostro apparato iconico oggi si compone di immagini veloci, fulminee e ibride sia nella loro produzione che diffusione: promuovere nei giovani pratiche di produzione più lente, critiche e consapevoli delle fonti ci permette, assieme a loro, di mettere in luce quali dinamiche, soprattutto commerciali, sono alla base dei social network e di tutelarci in quanto fruitori primari.



Gianni Rodari affermava che “anche inventare storie è una cosa seria”, mettendo al centro della sua riflessione pedagogica il valore della creatività intrinseca all’infanzia, piuttosto che la formalizzazione estetica del processo creativo. In un passaggio della sua celebre Grammatica della fantasia dice: “Quando il bambino inventa una storia […] si tratta di un’operazione creativa che ha anche un aspetto estetico: qui ci interessa in relazione alla creatività, non all’arte”. La metodologia operativa del laboratorio creativo cinematografico ha proprio questa finalità: valorizzare i processi espressivi, cognitivi, affettivi, percettivi ed empatici che sono alla base della creatività delle ragazze e dei ragazzi. Anche se ancora acerbi, la serietà con la quale noi adulti accompagniamo e siamo testimoni di simili processi deve essere a esclusiva disposizione non del risultato estetico, ma dell’azione ludica e creativa che plasma la loro percezione della realtà.

Slegare la creatività dal risultato estetico libera la dimensione ludica a favore di un percorso di scoperta creativa dinamica, per esempio con il semplice atto di inquadrare uno spazio, diventa una scelta non solo estetica, ma funzionale e soggettiva rispetto a cosa e come voglio comunicare. Educare alla creatività significa dotare i ragazzi di strumenti per compiere scelte, costruire direzioni di senso che implicano selezioni dettate dalla loro individualità, senza la zavorra della categoria estetica.

Immagini imperfette, acerbe, frutto di un inciampo tecnico, hanno spesso un potere comunicativo più efficacedelle tante immagini patinate e stereotipate a cui i social network vogliono assoggettare la comunicazione e l’espressività dei giovani. Mostrare loro che il concetto di bellezza, così come quello di creatività, può passare dall’incertezza, dal residuale e dal fragile è necessario per far comprendere come la realtà si compone anche di queste categorie di cui si può raccontare, senza paure o censure.

Avvicinare le nostre ragazze e i nostri ragazzi alla specificità del linguaggio cinematografico ha arricchito la loro percezione dell’immaginario iconografico, aggiungendo maggiore profondità, non solo tecnica ma soprattutto esperienziale, rispetto al modo di produrre e interpretare visivamente ed ermeneuticamente le immagini, attraverso un percorso pluridisciplinare che ha coinvolto le discipline di Arte e Immagine, Italiano, Educazione Civica, Musica e Cittadinanza Digitale.



Bibliografia

  • G. Rodari,Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie, Edizioni EL, Trieste, 2023