Dire, fare, insegnare
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La missione Artemis I

Nella seconda parte del percorso didattico dedicato da Silvia Giordano ad Artemis I scopriamo la preparazione e le fasi della missione spaziale diretta verso la Luna.

Secondaria 
01 dicembre 2022 di: Silvia Giordano
copertina

Con il programma spaziale Artemis I, NASA ed ESA stanno lavorando insieme per riprendere le esplorazioni sulla Luna: obiettivo finale della missione, partita ufficialmente proprio in questi giorni, è quello di creare una base orbitale lunare e sperimentare tecnologie che un giorno (forse entro 30 anni) potrebbero consentirci di raggiungere Marte.

Nella seconda parte del percorso didattico dedicato ad Artemis I e alle esplorazioni spaziali (qui la prima parte pubblicata su Dire, fare, insegnare), attraverso le attività proposte si possono approfondire insieme alla classe le fasi della missione e conoscere da vicino i dettagli tecnici del modulo Orion partito da Cape Canaveral, i suoi “passeggeri” e il suo compito una volta arrivato in orbita attorno alla Luna.

L’unità è pensata per essere svolta in circa due ore con gli studenti della scuola secondaria di primo e secondo grado: a questo link o in fondo all’articolo è disponibile la presentazione da proiettare alla LIM a supporto delle attività.

La missione

Alle ore 7:47 del 16 novembre 2022 la missione Artemis I ha avuto inizio con il lancio da Cape Canaveral (in Florida, USA) del razzo Space Launch System (SLS), attualmente il più potente che esiste, che trasporta la capsula Orion. La capsula è stata costruita per ospitare in futuro gli equipaggi che si recheranno sulla Luna: il suo ritorno sulla Terra è previsto per l’11 dicembre, con atterraggio (in gergo splashdown) nell’Oceano Pacifico. Guardiamo insieme alla classe un’overview dell’intera missione nel video o nell’infografica della NASA (in inglese).

Descriviamone quindi in breve le tappe. Il viaggio di Orion verso la Luna durerà una decina di giorni. Orion compirà quindi un passaggio ravvicinato a poco meno di 100 km dalla superficie lunare prima di inserirsi in un’orbita “retrograda”, grazie a cui inizierà a girare in senso contrario alla rotazione della Luna. Trascorsi alcuni giorni nell’orbita lunare, la capsula accenderà i motori per uscirne e riprendere il viaggio verso la Terra. Durante al missione Orion raggiungerà una distanza di 64mila km oltre la Luna, segnando un nuovo record rispetto al precedente, che era stato raggiunto con Apollo 13.

Lo Space Launch System (SLS)

Vediamo ora nel dettaglio la struttura del razzo spaziale usato per la missione, che attualmente è il più potente al mondo. Il razzo denominato “Space Launch System” (per gli amici: SLS) si compone sostanzialmente di una parte dedicata al lancio, costituita dai motori da accendere sulla rampa di lancio e dai serbatoi per il combustibile, e dalla navicella spaziale Orion, che è la parte che effettivamente viaggerà verso e attorno alla Luna.

In tutto, il razzo è alto circa come un palazzo di 30 piani e pesa 2600 tonnellate. I suoi motori sono gli stessi degli Space Shuttle: i quattro SR-245 consumano per il lancio di Orion nello spazio un totale di 2,6 milioni di litri di combustibile. Il carburante che nutre questi motori è composto da idrogeno e ossigeno liquidi, che arrivano ai motori a una temperatura di circa -200 °C. Gli studenti più curiosi possono leggere questo articolo di Focus che contiene maggiori dettagli sul funzionamento dei motori dello SLS. Ad aiutare i quattro motori principali ci sono due razzi laterali a propellente solido (perclorato d’ammonio e polibutadiene acrilonitrile), alti come un palazzo di 17 piani, che sprigionano il 75% della spinta di cui ha bisogno il razzo per staccarsi da terra: circa 16 milioni di Newton. 1 Newton equivale alla forza che una mela esercita sul palmo quando la teniamo in mano: moltiplicando per 16 milioni otterremo quindi la forza con cui i motori spingeranno il razzo lontano dal suolo terrestre!



Sulla sommità dei serbatoi del carburante (cioè in pratica la parte arancione del razzo, detta “Core”), si trova Orion: la navicella spaziale che arriverà in orbita attorno alla Luna. Alta come un palazzo di 7 metri e pesante come 5 elefanti, ha un proprio motore criogenico (cioè alimentato allo stesso modo di quelli di SLS) ed è dotata di 4 pannelli solari. Anche Orion è composto in realtà da più parti.

  • Il modulo di servizio, prodotto in collaborazione con ESA, che è responsabile, tra le altre cose: della propulsione nello spazio per il cambio di orbita, grazie al suo monomotore criogenico; del controllo termico; del controllo del direzionamento dell’intera navicella; della fornitura di aria, acqua ed elettricità al modulo dell’equipaggio.
  • Il modulo dell’equipaggio, che è disegnato per trasportare quattro astronauti: al momento non trasporta equipaggio umano ma lo farà già a partire dalla missione Artemis 2.
  • Il sistema di abbandono di lancio che può, in caso di emergenza, attivarsi in pochi millisecondi e assicurare il rientro in sicurezza del modulo dell’equipaggio.

I passeggeri

All’interno del modulo dell’equipaggio, sono partiti con la missione Artemis 1 alcuni “passeggeri”, ognuno con una funzione specifica .

  • Un manichino che testerà le vibrazioni cui saranno sottoposti i futuri astronauti in queste missioni, durante il lancio e il viaggio.
  • Due busti di manichini femminili, simili a quelli usati in ambito universitario-ospedaliero per addestrare i giovani medici. Sono composti da materiali che simulano in modo realistico la densità dei tessuti (come le ossa) e degli organi. I due tronchi di corpo, progettati dai team di ricerca dell'Agenzia spaziale israeliana (ISA) e del Centro aerospaziale tedesco (DLR), sono ricoperti di sensori specifici che mapperanno i livelli di esposizione alle radiazioni, particolarmente dannosi per il sesso femminile (più esposto al rischio di patologie tumorali).
  • Un peluche di Snoopy che verrà usato come indicatore di gravità. Snoopy non è nuovo ai viaggi spaziali: nel 1990 era già stato a bordo dello Space Shuttle Columbia con la missione STS-32, mentre nel 2019 era volato sulla Stazione Spaziale Internazionale insieme ai rifornimenti a bordo della navetta Cygnus.
  • Come mascotte, il pupazzo protagonista della serie animata Shaun, vita da pecora e 4 personaggi LEGO Education. Queste minifigure non sono le prime a viaggiare nello spazio: tre costruzioni dello stesso tipo erano già presenti nella spedizione Juno del 2011 e hanno poi raggiunto Giove nel 2016.

Il lancio

Alle 7:47 del 16 novembre SLS ha quindi acceso i motori e si è staccato dal suolo: potete guardare l’emozionante video del lancio qui. Quindici secondi prima che il razzo partisse, migliaia di litri di acqua sono stati rilasciati alla base dell’SLS, per evitare che le onde d’urto prodotte dalla potenza dei motori distruggessero il pad di lancio. Con i ragazzi più curiosi potete approfondire questo aspetto guardando questo video in inglese.



In un paio di minuti SLS ha raggiunto un’altitudine di 48mila metri, la quota a cui i due razzi laterali si sono staccati per poi precipitare nell’Oceano Atlantico, dove non saranno recuperati. Il resto del razzo ha proseguito la propria ascesa, spinto dai quattro motori alla base del Core stage per altri sei minuti. È in questa fase che l’SLS ha iniziato le manovre di Roll e Pitch, che predispongono l’assetto migliore per attraversare l’atmosfera e immettersi sulla traiettoria prevista. Si tratta del momento più critico del lancio da un punto di vista strutturale: l’SLS si è infatti trovato a dover sostenere i carichi aerodinamici più intensi di tutto il suo volo, a causa della combinazione tra velocità e densità dell’aria.

Quando ha esaurito il proprio propellente, a 170 km di distanza dalla Terra, il Core stage si è staccato, finendo nell’Oceano Pacifico. A questo punto nello spazio è rimasto lo stadio superiore di SLS, cioè quello collegato a Orion che, trascorso un breve periodo in orbita intorno alla Terra, alle 9:13 ha attivato i propri motori per 18 minuti per inserire il veicolo nella giusta rotta verso la Luna. Orion si è quindi separato dalla parte contenente il suo motore (il secondo stadio, chiamato Interim Cryogenic Propulsion Stage) per proseguire il proprio viaggio verso il nostro satellite naturale a una velocità media di 40mila km orari.

Una volta in orbita attorno alla Luna, lo stadio superiore di Orion provvederà a sganciare dieci piccoli satelliti (CubeSat) utilizzati per compiere vari esperimenti. Tra questi:

  1. ArgoMoon, un satellite realizzato dall’azienda spaziale italiana Argotec per conto dell’ASI (Agenzia spaziale italiana) che farà da testimone alla corretta separazione dei suoi compagni di viaggio e a quella del secondo stadio dell’SLS;
  2. Lunar Icecube e Lunar Polar Hydrogen Mapper, due piccoli satelliti, realizzati rispettivamente dalla Morehead State University nel Kentucky e dalla Arizona State University, che mapperanno e studieranno i depositi di acqua sulla superficie e nell’esosfera lunare;
  3. CuSp, che studierà il vento solare e i campi magnetici.

Per approfondire potete proporre questo articolo su tutti i diversi tipi di satelliti che verranno rilasciati da Orion e sui loro compiti.

Il viaggio di ritorno

Il viaggio della missione Artemis 1 coprirà una distanza di 2 milioni di chilometri e durerà 42 giorni, 3 ore e 20 minuti. Orion impiegherà circa una settimana per raggiungere l’orbita lunare e, una volta lì, comincerà la serie di flyby (voli in prossimità del satellite) prevista per testare l’equipaggiamento e i sistemi di comunicazione, rilasciando i CubeSat per gli ulteriori studi. Il ventiseiesimo giorno di missione Orion arriverà a 450mila km dalla Terra, la massima distanza raggiunta da un veicolo progettato per il trasporto umano. Orion rimarrà nello spazio più di qualsiasi altra astronave per il trasporto umano abbia mai fatto senza attraccare a una stazione.



Il 1° dicembre Orion uscirà dall'orbita lunare e si immetterà nella traiettoria che la riporterà a Terra. In prossimità del nostro pianeta si libererà del modulo di servizio, orienterà il proprio scudo termico verso il pianeta e inizierà l’ingresso nell’atmosfera, proteggendosi in questo modo dalle alte temperature che si svilupperanno in quella fase. Infine, aprirà i propri paracadute e terminerà il viaggio nell’Oceano Pacifico, dove le squadre di soccorso si occuperanno del recupero. Il ritorno è previsto per l’11 dicembre.

Perché questa missione?

Questo percorso su Artemis I si può chiudere con una riflessione guidata da due video: uno della NASA (in inglese), che spiega le motivazioni che hanno spinto a scegliere la Luna come meta (lo trovate qui); e uno del canale di divulgazione scientifica Ted-Ed, che racconta come potrebbe essere vivere sulla Luna (qui). Entrambi ottimo materiale anche per un lavoro CLIL!

Sitografia