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"Costellazione Kurt": il mostro della guerra e gli insegnamenti da trarre

È "Costellazione Kurt" il secondo classificato al premio Bancarellino. L'autore, Alessandro Grittini, ne racconta qui la genesi e le potenzialità didattiche.

Editoria  Secondaria 
10 luglio 2023 di: Alessandro Grittini
copertina

È avvenuta a Pontremoli il 20 maggio la votazione della sessantaseiesima edizione del Premio Bancarellino, il riconoscimento assegnato al miglior libro di narrativa per ragazzi. In rappresentanza di tutti i giovani lettori, hanno partecipato alla premiazione più di mille ragazzi e ragazze, provenienti da tutta Italia.

I giovani presenti hanno potuto dialogare con gli autori e hanno espresso il loro voto sui cinque finalisti della competizione, che ha visto classificarsi al primo posto La società segreta dei salvaparole, di Enrico Galiano, e al secondo posto Costellazione Kurt, di Alessandro Grittini.



Itaca Edizioni ha pubblicato il volume e lo ha segnalato a Dire, fare, insegnare. In questa intervista, Alessandro Grittini racconta com'è nato il libro, le ragioni che stanno dietro alla sua creazione e gli usi didattici a cui può prestarsi.

Buongiorno professore. Come è nata l’idea di scrivere questo libro?

L’idea per questo libro è nata dalla mia pluridecennale esperienza di docente di lettere nella scuola secondaria di primo grado, in particolare di insegnante di Storia. Nei miei lunghi anni di insegnamento mi sono reso conto che questa disciplina, se presentata ai ragazzi come un insieme di avvenimenti, date e grandi eventi con ancor più grandi protagonisti, finisce per essere vista come qualcosa di lontano, di astratto e, alla lunga, di poco interessante. Questa, che io chiamerei per semplificare la “grande Storia”, diventa invece interessante e appassionante per loro se vista attraverso le “piccole storie”: le vicende di personaggi semplici, comuni, nel mio caso un nonno, un bambino, un soldato che è anche padre di famiglia.

Lo scoprire che i protagonisti dei grandi fatti sono persone comuni, simili a loro, permette ai ragazzi di immedesimarsi nelle vicende, di sentirle più vicine, in qualche modo di diventarne protagonisti. Naturalmente lo strumento più adatto per questa operazione non può che essere il romanzo storico, che considero, manzonianamente, un’opera “mista di storia e invenzione”. È per questo insieme di riflessioni che mi sono lasciato tentare da questa avventura.

Quale messaggio vuole trasmettere con il suo testo?

Proverei a distinguere il messaggio rivolto alle ragazze e ai ragazzi da quello rivolto agli adulti e, soprattutto, ai docenti. Per i primi, il messaggio è che non bisogna arrendersi di fronte al male che in certi momenti sembra trionfare. Ho voluto trasmettere un messaggio di speranza ma anche un appello: di fronte a tutte le brutture della Storia l’uomo può sempre trovare il coraggio di reagire perché le risorse del suo cuore, anche del cuore di un bambino, sono infinite, e l’attrattiva per il bene è sempre più grande.

Agli adulti, invece, vorrei umilmente dire che non devono avere paura di parlare ai ragazzi della realtà, anche di quella più drammatica, di approfondirne la conoscenza, di proporre loro la ricerca di un senso e di un significato nelle cose che accadono. Solo così i ragazzi cominciano ad aprire gli occhi sul mondo e a diventare dei piccoli adulti. Dobbiamo avere molta fiducia in loro. Se si è seri con loro e li si tratta seriamente, essi rispondono sorprendendoti. Non dobbiamo, come spesso vediamo fare, trattarli da eterni bambini.

Si parlava, all'inizio dell'intervista, di Storia: perché ha deciso di ambientare il suo libro nella Seconda guerra mondiale?

I motivi sono sostanzialmente due. Innanzitutto perché questo è un momento importante della nostra Storia, un momento di cui ancora oggi sentiamo gli echi. In secondo luogo, perché fatti simili a quelli narrati nel libro si sono verificati nel mio paese d’origine e questo mi ha fornito l’ispirazione per trarne un racconto. Teniamo presente, inoltre, che è ancora possibile per i ragazzi avere testimonianze dirette e ravvicinate di questi eventi, testimonianze come i racconti dei nonni o dei bisnonni, pagine di diario conservate nei cassetti, narrazioni comuni che passano anche attraverso cerimonie commemorative, lapidi o monumenti, vecchie foto o pagine di giornali. A tutte queste fonti i ragazzi possono attingere per farsi un’idea viva e immediata delle “piccole storie” dentro la “grande Storia”. Ho voluto col mio libro anche suggerire loro queste piste di ricerca personale.

Cambiando argomento, pensa che i docenti potrebbero usare questo libro nella loro attività didattica, se sì, in che modo?

In generale, nell’attività didattica l’uso della narrativa è fondamentale, soprattutto in una società come la nostra dove la parola, la frase, il discorso logico e argomentato perdono sempre più terreno di fronte a forme di comunicazione nuove, più immediate e semplici, ma anche più povere per certi aspetti. La scuola, a mio modesto avviso, deve erigere una barriera di fronte alla deriva rappresentata da queste nuove forme di comunicazione, una sorta di grande resistenza culturale che deve accomunare tutti noi docenti. Per entrare nel merito del mio romanzo, ritengo che ogni docente, a partire dalla sua esperienza e sensibilità, potrà trovare da sé gli spunti didattici più utili al suo lavoro. Io mi limito a suggerirne alcuni: il mio libro si può proporre come un utile affiancamento al manuale di Storia per il lavoro sulla Seconda guerra mondiale; magari, come detto in precedenza, suggerendo ai ragazzi di compiere ulteriori ricerche personali. È un libro scritto con una grande cura lessicale e una ricca e precisa varietà sintattica; è un viaggio di esplorazione all’interno dei sentimenti, delle emozioni, delle piccole e grandi domande che i ragazzi in età preadolescenziale cominciano a porsi, li aiuta ad introdursi alla realtà e alle sue problematiche. Vi sono quindi nel libro spunti didattici ma anche formativo-educativi.

Un'ultima domanda, professore: sarebbe favorevole a inserire nelle antologie, insieme al canone della letteratura classica, anche libri di nuovi autori, come questo?

Io personalmente non sono molto amante della antologizzazioni, la mia preferenza va alla lettura diretta e integrale dei testi. Capisco però che bisogna essere realisti e sicuramente i grandi classici per ragazzi, scritti per lo più nell’Ottocento o nella prima metà del Novecento (penso ai romanzi di Dickens, Stevenson, Verne, Jack London, Salgari e altri) non sono più proponibili in lettura integrale, perché scritti con criteri narratologici oggi difficilmente digeribili o anche, più semplicemente, per la loro mole. Per questi testi, comunque meritevoli di essere proposti ai ragazzi perché ricchissimi di spunti e significati, è inevitabile procedere a qualche forma di antologizzazione. Per i romanzi contemporanei invece, ritengo preferibile la lettura integrale, magari guidata dal docente, con momenti di lettura comune in classe affiancati a momenti di lettura personale a casa.